Quando si dice Vincent Van Gogh si pensa subito a un pittore pazzo che muore povero, l’immagine di un fallito che cerca nella sua follia di darsi un posto nel mondo. Invece credo che dovremmo chiederci quanto sappiamo veramente di Vincent? conta davvero il dover conoscere meglio la persona per apprezzare la sua arte?

Mi metto dall’altro lato, penso a quanta sofferenza, sacrificio e perseveranza ci sia voluta per far si che quelle emozioni viaggino nel tempo, eterne fino ad arrivare a noi. Su di Van Gogh è già stato detto tutto e non voglio parlarvi della sua biografia ma voglio farvi conoscere un lato più intimo, raccontarvi la sua consapevolezza e il suo intelletto.Tutto questo traspare dalle 668 lettere scritte al fratello Theo, così colto da parlare 3 lingue, da conoscere tutti gli artisti e tutte le opere.Adorava leggere, elenca centinaia e centinaia di artisti e dipinti che ha visto nella sua vita.Vincent lottava duramente per ritrovare se stesso.

La cosa che ripete più spesso è “Come posso essere utile nel mondo”.

Ha pensato di fare il ministro, l’uomo di fede, l’insegnante e solo alla fine ha deciso di essere un artista.Ma per tutto il tempo ha pensato “ a cosa posso essere utile”.Da queste lettere ho scoperto esserci tanti Vincent, quello mitico che conosciamo tutti, Il genio pazzo ossessionato che ha dato la vita per l’arte.

Poi c’è il Vincent uomo, una persona che amava tantissime cose, con un carattere difficile, permaloso. Aveva avuto dei genitori difficili, Immaginate di essere un bambino sostitutivo, sua madre aveva avuto un bambino di nome Vincent un anno prima di lui, che è morto durante l’infanzia e il nostro Vincent ha sostituito quel bambino. Il fratellino era seppellito nel giardino dietro casa e a quanto pare la madre ogni giorno prendeva Vincent e lo portava a guardare la tomba del fratello dicendo quanto fosse perfetto rispetto a lui.Credo che questi piccoli traumi abbiano influito alla instabilità mentale che da li a poco darà i suoi primi segni.

Vincent ha iniziato a pensare a se stesso come un contadino, questa idea era molto importante per lui e possiamo vederlo in questo bellissimo dipinto di scarpe, le sue scarpe, che rafforzano quell’idea, come fosse un auto ritratto, vuole che si percepisca l’uomo che le indossava. Poi c’è il Vincent dei dipinti , e sono dipinti spontanei, impulsivi espressivi, veloci.Si calcola dipingesse dalle 2 alle 3 tele al giorno.Poi c’è il Van Gogh dei disegni, e sono disegni completamente diversi, c’è studio, pazienza, sono sistematici, trasforma le cose in puntini, tratteggi, scarabocchi.Vincent con il suo carattere introverso e difficile sapeva di aver bisogno di lezioni d’arte ma non poteva andare d’accordo con nessuno quindi la soluzione è stata Charles Bargue, un disegnatore che ha pubblicato uno dei migliori corsi di disegno di tutti i tempi, utilizzato anche da Picasso in accademia. Acquistando quel libro ha risolto il problema, poteva farlo da solo. Dice nelle sue lettere, “Ciò che prima mi sembrava impossibile sta diventando gradualmente possibile.”Poi c’è Il Vincent delle lettere che è uno degli uomini più sensibili, intelligenti, premurosi che abbia mai incontrato. Scrive tantissimo, anche 3 lettere al giorno, poi fa lunghe pause dove non scrive, ma la cosa particolare è che quasi tutte le lettere sono unilaterali, sappiamo tutto di cosa pensava Vincent ma possiamo solo immaginare a cosa stesse pensando Theo.In una di queste lettere Vincent chiede a Theo perché sta ritardando con i soldi, Theo risponde che gli darà i soldi ma è molto arrabbiato per come lui si comporta con sua mamma, è molto strano che un fratello piccolo rimproveri il fratello maggiore, specialmente a quei tempi.

Le lettere per Vincent erano una sorta di diario, uno sfogo, non ha mai perso la sua fede e la sua religione trasferendola dalla chiesa di cristo alla chiesa dell’arte.L’arte che diventa la sua religione, la cosa in cui credeva con totale fede. Nelle sue prime lettere quando aveva 17 18 anni possiamo sentire la sua fede, parla della bibbia e quanto si senta vicino a Dio ma con il passare degli anni dice che l’amore religioso è morto dentro di lui, un vuoto infinito e si chiede :

Dio perché mi hai abbandonato.”

Diceva di essere ricco ma non di denaro , ricco perché aveva trovato nel suo lavoro qualcosa a cui dedicarsi anima cuore e  dare un significato alla sua vita. Quella vita vissuta alla ricerca di un perché, tra la consapevolezza del suo disagio e del suo genio. Si legge tra le lettere “mi troverò in giorni difficili e cupi nella mia vita ma non mettetemi negli sfortunati perché un uomo che lavora non lo è.” Vincent ha iniziato a dipingere a 27 anni, tutto il suo lavoro è stato fatto il soli 10 anni. Siete ancora sicuri che era soltanto un pazzo? Nella metà del XIX secolo la gente ha cominciato a chiedersi perché devo disegnare prima a matita? C’è davvero questo bisogno ? Con l’impressionismo sono pochissimi i disegni, i pittori andavano direttamente con il colore.

Ma Van Gogh è stato una specie di ritorno al passato, credeva nell’importanza del disegno, il disegno è la radice di tutto. Affermava che ci sono leggi di proporzioni di luce ,ombra e prospettiva che bisogna conoscere per saper disegnare qualsiasi cosa e se uno manca di questa conoscenza non partorirà mai niente.Non era pronto per il colore e doveva provare e riprovare ad esercitarsi con i disegni.La sua volontà non era quella di raggiungere una perfezione stilistica perché riconosceva di non saperlo fare ma la sua forza erano proprio la crudezza delle sue immagini, non voleva che si vedesse ma che si sentisse.

I mangiatori di patate sono un dipinto importante non perché è stato bravissimo anzi, è un dipinto fatto male e abbozzato ma in quel periodo viveva in Belgio ed era affascinato dalla classe più povera che erano i minatori, gente semplice, come lui.Non ha dipinto Dei , non ha dipinto principi ma dei mangiatori di patate e nessuno l’aveva mai fatto prima.L’ambizione di Van Gogh non era quella di diventare una delle figure fondamentali dell’arte moderna ma quella di essere un illustratore commerciale. Nella seconda parte della sua carriera inizia a rivedere la sia idea sul disegno e a pensare che il colore forse è il suo strumento più espressivo, che tutta questa forza non può che venire dalla natura. Invece di limitarsi a riprodurre semplicemente quello che si ha davanti agli occhi usa  il colore in modo più arbitrario con crudezza e forza attraverso i colori condizionato forse dagli impressionisti di Parigi. Descriveva colore per colore, ogni singola pennellata al fratello Theo nelle lettere inviate, era consapevole del cambiamento e lo documenta come se fosse costretto a farlo, come se un certo potere del colore si fosse svegliato in lui. Le lettere dimostrano la sua lucidità sulla sua malattia , sapeva che era giunto il momento di rinchiudersi e isolarsi, e lavorare era l’unico modo per rimanere in salute.

Dice “so della mia malattia mentale e penso a tutti gli artisti che ne soffrono ma non si negano comunque di continuare ad esercitare la professione del pittore.”

Era assolutamente sicuro che il suo lavoro l’avrebbe salvato. Peggiora quando Theo dice di volersi sposare con la sua fidanzata, quindi all’improvviso Vincent non sarà la metà di Theo, uno dei suoi ultimi attacchi venne quando Theo gli disse che Joanna era incinta. Theo muore 9 mesi dopo Vincent e questo li lega per sempre.

Conoscendo la vita e la malattia di Van Gogh l’idea che si sia suicidato non è poi così lontana dalla realtà. Recenti studi però hanno portato alla luce una nuova ipotesi ,ovvero la possibilità che sia stato ucciso per errore. Era un tipo scontroso, mangiava male perché doveva risparmiare i soldi per i colori, mangiava veramente il colore, si è staccato un orecchio e l’ha regalato a una prostituta quindi tutto potrebbe sembrare possibile. Uno degli indizi è che pochi giorni prima aveva comprato una vasta gamma di colori e sembra strano che abbia sprecato la cosa più importante che possedeva. L’altro motivo riguarda il modo in cui il proiettile si è conficcato nel suo petto, vista l’angolazione si potrebbe credere che l’abbiano sparato. Ma chi voleva ucciderlo? Una persona che lo odiava? Un delitto passionale? No è stato un incidente ,  se questa storia è vera il colpo è partito da un ragazzo di 16 anni che stava provando delle armi nel campo in cui Van Gogh dipingeva, ma quando Vincent dolorante tornò a casa disse al suo medico , ho cercato di togliermi la vita senza riuscirci . Quindi perché Van Gogh avrebbe confessato un suicidio? Forse perchè quei ragazzi gli hanno aperto le porte per quello che voleva veramente… farla finita. Se oggi abbiamo consapevolezza del genio Van Gogh è grazie a Johanna Bonger, moglie di Theo. Lei è l’eroe di questa storia senza il quale non ci sarebbe Vincent Van Gogh. Aveva 29 anni quando rimase vedova con una bambina, a casa con centinaia e centinaia e centinaia di dipinti e disegni di Vincent che ai tempi valevano zero. Lei sapeva che Theo li ammirava, dopo la morte del marito molte persone le avevano detto di darle all’asta e sbarazzarsene per una manciata di dollari. Ma lei non l’ha fatto, ha passato il resto della sua vita a leggere e datare le lettere, i dipinti, come una missione. 840 lettere traducendole in Inglese, in quella carta ritrovava il suo Theo, la sua consolazione. Da quelle lettere mi è apparso Vincent, “quando ritornai in Olanda capì veramente la grandezza di quell’artista solitario, rimasi delusa per l’indifferenza della gente quando parlo di Vincent e del suo lavoro.”

Dichiara , “Nell’anniversario della morte di Vincent sono uscita tardi la sera, tirava vento, pioveva ed era buio pesto, nelle case vedevo luce e gente riunita intorno a un tavolo e mi sentivo così desolata, in quel momento capì cosa doveva aver provato Vincent quando tutti gli voltavano le spalle ,quando si sentiva come se non ci fosse posto sulla terra per lui. Avremmo potuto vivere in un mondo senza Vincent ma grazie a Johanna questo non è accaduto.Vincent Van Gogh

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Maria

Interessante e coinvolgente ♥️